Dalla letteratura sappiamo che solo il 35% dei pazienti trattati per ipertensione arteriosa raggiunge i valori target della terapia (PA <140/90 mmHg). Tra i fattori che concorrono a determinare lo scarso controllo dei valori di pressione arteriosa nella popolazione generale due aspetti determinanti sono l’inadeguata titolazione dei farmaci e la scarsa aderenza del paziente al trattamento farmacologico, trattandosi spesso anche di schemi terapeutici complessi.
Donna di 65 anni, fumatrice, ipertesa da circa 2 anni, con anamnesi familiare positiva per ipertensione arteriosa e diabete mellito tipo 2, non altri fattori di rischio cardiovascolari noti.
La paziente inizialmente aveva assunto amlodipina 5 mg, ma era stata costretta a sospendere tale terapia per edemizzazione declive. Successivamente aveva iniziato terapia combinata con ramipril/idroclororotiazide 5/12,5 mg. Non riportava sintomi significativi. I valori di pressione arteriosa misurati al domicilio erano di circa 145/95 mmHg. Quindi persisteva ipertensione diastolica. Gli esami ematochimici erano nella norma, compresi gli indici di funzionalità renale (Creatininemia 0,7 mg/dl). L'elettrocardiogramma (ECG) era risultato nella norma.
All’ecocardiogramma color-Doppler si evidenziava un iniziale quadro di cardiopatia ipertensiva con normale funzione sistolica biventricolare, normali pressioni di riempimento e disfunzione diastolica di I grado. Il calibro dell’aorta ascendente era lievemente dilatato (41 mm→22 mm/m2). Quest’ultimo dato confermava la necessità di raggiungere un ottimale controllo dei valori di pressione arteriosa con la terapia. L’eco-Doppler dei tronchi sopra aortici mostrava assenza di patologia aterosclerotica.
Dato il mancato raggiungimento degli obiettivi di pressione arteriosa con il regime terapeutico iniziale, abbiamo deciso di modificare la terapia medica sostituendo il farmaco assunto dalla paziente con una triplice associazione, ramipril/amlodiina/idroclorotiazide 5/5/12.5 mg.
La paziente ha accettato di buon grado la modifica della terapia, non dovendo assumere farmaci in aggiunta. Abbiamo assistito a una progressiva normalizzazione dei valori di pressione arteriosa con conseguimento dei valori target delle linee guida ESC (PA< 140/90 mmHg). I valori di funzione renale e di potassiemia si sono mantenuti nella norma. L’associazione del diuretico tiazidico al calcio antagonista (CCB) ha evitato la formazione di edemi declivi che in passato avevano costretto la paziente a sospendere l’amlodipina. L’ecocardiogramma color Doppler eseguito dopo un anno ha escluso la progressione della cardiopatia ipertensiva e confermato la stabilità dell’ectasia aortica.
Quando nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa vengono utilizzati farmaci antipertensivi, il primo obiettivo dovrebbe essere quello di abbassare i valori di pressione arteriosa a <140/90 mmHg, a condizione che il trattamento sia ben tollerato dal paziente. Inoltre nel caso della nostra paziente la presenza di cardiopatia ipertensiva all’ecocardiogramma e quindi di danno d’organo conclamato, non solo modifica il grado del Rischio calcolato con il sistema SCORE da rischio moderato a rischio elevato, ma come indicato dalle ultime linee guida ESH/ESC 2018 impone la scelta, già come trattamento iniziale, di un’associazione di due farmaci, di solito un inibitore dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE) o un bloccante del recettore dell'angiotensina (ARB ) in combinazione con un calcio-antagonista (CCB) o un diuretico di tipo tiazidico, che sarebbe il trattamento ottimale per tutte le manifestazioni di ipertensione con danno d’organo.
Come è stato dimostrato, l’associazione di due principi terapeutici migliora in modo significativo la risposta ipotensiva, il 75-80% dei pazienti risponde a un’associazione di due differenti farmaci. Infatti, l’associazione di due farmaci antipertensivi, se eseguita in modo razionale, porta ad un effetto di potenziamento ottenendo un’efficacia antipertensiva decisamente superiore alla somma dell’efficacia dei singoli composti, perché in questo modo vengono bloccati alcuni meccanismi omeostatici e minimizzati gli effetti collaterali. Ricordando che il 30-40% dei pazienti sospende la terapia proprio a causa degli effetti collaterali.
Come raccomandato dalle linee guida la nostra paziente aveva iniziato terapia con un’associazione di un ACE-inibitore con un diuretico tiazidico. Tale terapia quando la paziente giungeva alla nostra osservazione si dimostrava non sufficiente nel controllo dei valori di pressione, soprattutto diastolica che non risultavano a target. Per i pazienti la cui pressione arteriosa non è controllata dalla terapia combinata a due farmaci, l'opzione logica è quella di aumentare il trattamento alla terapia combinata a tre farmaci: di solito un bloccante RAS, un CCB e un diuretico. Nel nostro caso ramipril/amlodipina/idroclorotiazide.
Gli studi suggeriscono che un’associazione di tre farmaci dovrebbe controllare la pressione arteriosa in >80% dei pazienti. Questo tasso di controllo della pressione arteriosa è molto maggiore dell'attuale tasso di controllo della pressione arteriosa in tutta Europa nei pazienti ipertesi trattati. Le associazioni di tre farmaci però non sono raccomandate dalle linee guida come terapia iniziale. La possibilità di proporre alla paziente l’associazione di tre farmaci, ACE-inibitore, diuretico tiazidico e CCB in un’unica pillola ci ha consentito di raggiungere ottimali valori di pressione arteriosa, minimizzando gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati singolarmente come gli edemi periferici da CCB e l’ipocaliemida da tiazidici. Tali risultati si sono mantenuti nel tempo.
Uno degli ostacoli che il cardiologo incontra nel trattamento farmacologico dell’ipertensione arteriosa è rappresentato dalla bassa aderenza da parte dei pazienti alla terapia. In accordo da quanto espresso dalle linee guida si raccomanda pertanto l’utilizzo delle associazioni farmacologiche nella terapia dell’ipertensione arteriosa per migliorare l’aderenza del paziente allo schema terapeutico, massimizzando l’efficacia dei singoli farmaci e minimizzando gli effetti collaterali. È ormai dimostrato che ad una miglior aderenza alla terapia consegue un miglior e più duraturo controllo dei valori pressori e quindi in una maggiore efficacia nella prevenzione degli eventi CV. Tra le varie associazioni di farmaci antipertensivi che sono ora disponibili nella pratica clinica quotidiana, per il trattamento del paziente iperteso, l’associazione ramipril/amlodipina/idroclorotiazide ha dimostrato buona efficacia e buona tollerabilità.
Claudia Cefalù
Responsabile del Laboratorio di ecocardiografia della Clinica Nova Lux polispecialistica di Meda
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